Pianzano ha una tradizione teatrale antica e consolidata nel tempo, fatta di persone, impegno e dedizione e palcoscenici storici. Scopriamo nelle pagine che seguono l'incredibile...
Il teatro delle origini, la compagnia "ASCENDERE"
Il teatro dei genitori dell'Asilo
Il teatro delle origini, la compagnia "ASCENDERE"
Il teatro diventa un intrattenimento importante e seguitissimo sul finire degli anni ’30. In quegli anni era molto apprezzata la Compagnia Vassallo, che disponeva di ampio repertorio d’opere, (dai drammi alle commedie) e garantiva allestimenti riusciti con ottimi costumi di scena e con attrezzature ricche per l’epoca. L’arrivo in paese del carro della compagnia era garantito almeno per 2/3 volte l’anno; ancora oggi si ricordano le loro opere più riuscite:
- Cavalleria Rusticana (adattamento)
- Il padrone della ferriera
- Catene
- Il tormento
- Il fornaretto di Venezia
- Altri adattamenti da opere di Shakespeare tra cui il Giulio Cesare
Nella cronaca parrocchiale del febbraio 1939 don Dino Zanetti annota con enfasi la rappresentazione teatrale della compagnia Berlese di Sacile, una commedia seguita da una farsa finale guidata dal cav. Berlese in persona. L’occasione fu l’ultima domenica di Quaresima.
La vera e propria origine del teatro pianzanese non è chiara, alcuni riferiscono di una prima recita in occasione dell’inaugurazione del consorzio agricolo di Pianzano nel 1939, consorzio sorto col grande interessamento di don Dino Zanetti, per cui è plausibile che lo stesso abbia sollecitato i giovani per la messa in opera di “Addio, giovinezza!”, commedia di Sandro Camasio e Nino Oxilia.
Nella Torino universitaria del 1910 sono narrate le avventure di un gruppo di studenti, tra amori, esami e tesi di laurea. Mario è uno di questi, conteso tra la sartina del suo cuore (Dorina) e una donna fatale (Elena).
Viceversa, lo stesso don Dino riferisce la “prima rappresentazione” della filodrammatica “Ascendere” il 10 febbraio 1946, con un’opera inedita del nostro paesano Giovanni (Gianni) Antoniazzi (già noto per la sua celebre pubblicazione “Pianzano nella sua Storia”) “Ti aspetterò sempre”, dramma in 4 atti; anche questa volta la rappresentazione non avviene in Asilo (non ancora agibile), ma presso i locali della ditta Alberto Regini gentilmente messi a disposizione per questa iniziativa pro-Chiesa.
Il 3 marzo 1946 è la volta di un’attualissima commedia dialettale di mons. Fucco, arciprete di Thiene, valente scrittore veneto che all’indomani della pubblicazione della Rerum Novarum ritenne che il modo migliore per avvicinarsi alle persone fosse quello di parlare nella loro lingua di tutti i giorni attraverso commedie, sonetti, romanzi, ma anche brani di impegno. Altra rappresentazione viene ricordata il 14 luglio1946 a Baver nel cortile della famiglia Fadel.
Nell’agosto del 1946 è la volta di “Il miracolo della mamma” dramma rappresentato in occasione della prima messa di don Piasentin.
Tra il 1947 e il 1948 si registra un’intensa attività dei nostri gruppi filodrammatici (gruppi femminile, maschile e misto) con un susseguirsi di rappresentazioni brillanti seguitissime dai parrocchiani, a titolo di esempio riportiamo il programma dell’inizio 1948: ogni domenica si alternavano le filodrammatiche maschili, femminili e “puerili”; vennero rappresentate:
- “La pianella perduta nella neve” operetta brillante
- “La Boheme” opera lirica
- “Papà Pietro” commedia sentimentale
- “Michelina cambia nome” commedia cinematografica
- Varietà dei fanciulli
Un programma incredibile se visto ai giorni nostri, che testimonia il grandissimo impegno di una comunità per la parrocchia.
Nella rappresentazione di “La pianella perduta nella neve” si ricorda un giovanissimo “addetto agli effetti speciali” ossia incaricato dall’alto della scena di far scendere pezzettini di carta a manciate per simulare la nevicata, il nostro compaesano Gino Zanette che tanto darà al teatro del nostro paese e non solo.
In quegli anni nelle parrocchie non era visto di buon occhio il fatto che le donne recitassero o si prestassero in qualsiasi misura al teatro, anche a Pianzano la filodrammatica diviene essenzialmente maschile specie con l’intransigente don Paride Artico.
Ciò creava non pochi problemi quando si decideva di allestire un’opera che prevedeva personaggi femminili: facendo di necessità virtù, alcuni attori maschi si prestavano a ruoli femminili oppure i copioni venivano adattati ad arte eliminando o limitando ampiamente i ruoli femminili. Un esempio è la già citata opera della “pianella”, in questo caso il ruolo delle 3 streghe venne interpretato da tre maschi del paese e la cosa non fece che aumentare il tasso ironico dei personaggi.
Concludiamo con la trama de “La pianella perduta nella neve”:
Delizioso voudeville anonimo, probabilmente di origine francese, risalente al ‘700, che trovò il suo ambito di rappresentazione tra l’Otto e la prima metà del Novecento. La storia non è niente di più che una squisita fiaba dove Nardino ama Nannetta, entrambi giovani e belli, ma poveri, figli di contadini. Ma anche il maturo maestro del villaggio è innamorato della giovane…. Una pianella della madre usata dalla ragazza e smarrita nella neve costituirà la pietra dello scandalo. Per fortuna il buon senso del babbo di Nannetta, Tommaso, metterà tutto a posto ed il finale è solo di gioia e di amore realizzato.
Al termine di ogni rappresentazione si proponeva un finale con farsa, ossia gli attori principali (a Pianzano il dott. Francesco Guzzo era uno specialista del genere) improvvisavano una situazione comica su un canovaccio di equivoci e battute divertenti, un piccolo spettacolino di 15-20 min. Un canovacio di farsa memorabile era quello di un personaggio che doveva recarsi in tribunale, ma la sera prima aveva preso la purga…
Le rappresentazioni si susseguono e la filodrammatica pianzanese porta in scena una serie di opere in un crescendo di difficoltà ed impegno:
“La gerla di papà Martin” di Eugene Cormon
Papà Martin e la moglie Genoveffa sono orgogliosi di Armando, loro figlio, che vive in città, studia e deve sposarsi con Amelia. In realtà Armando è stracolmo di debiti, ha un’amante e non è vicino alla laurea. Inscena persino una festa di laurea, durante la quale, però, viene scoperto dal padre che, distrutto, paga con tutti i suoi risparmi i debiti del figlio con uno strozzino e successivamente impone al figlio di partire per l’Australia. Al rientro dall’Australia Armando, redento, ottiene un lavoro grazie a un gesto eroico compiuto in mare e può sposare Amelia e far smettere di lavorare il padre.
“Ho ucciso mio figlio!...” di Luigi Pazzaglia
“Adamo” di Luigi Pazzaglia
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Sempre di questi anni sono segnalate, ma non certamente attribuibili alla filodrammatica di Pianzano:
“La Santa notte” del dicembre 1948
“La voce del cuore” del gennaio 1949
“Il ritratto di ottobre” del 1949
“Il povero, l’ozioso e il vagabondo” del 1950
“L’angelo senz’ali” di Luigi Pazzaglia nel 1950 (nello stesso anno di “Adamo”)
“La zingarella cieca” dell’ottobre 1951
“La nemica” di Dario Nicodemi, finalmente prevedeva nuovamente attrici donne tra cui spiccava Wanda Regini, con la regia congiunta di Francesco Guzzo e Francesco Scarpis di Colle Umberto; le filodrammatiche dei due paesi erano da tempo legate da un rapporto di reciproco scambio e amicizia:
La duchessa Anna ha allevato, insieme al suo figliolo Gastone, il figlio, che il duca, suo marito, ha avuto da un'altra donna. Prima di morire, il duca ha fatto giurare alla moglie di tener segreta l'origine illegittima di Roberto, che tutti è creduto il figlio maggiore di Anna e del Duca, e da tutti è amato per le sue doti, per la sua generosità. Solo Anna gli è ostile: nel suo intimo ella non sa rassegnarsi a veder il figlio di un'altra usurpare al suo figliolo il titolo e i beni, che a lui soltanto spetterebbero. Due ragazze si contendono il cuore di Roberto: Marta, figlia del notaio di famiglia, e Fiorenza, figlia di un diplomatico. Anna vorrebbe unire Fiorenza e Gastone e Marta a Roberto; ma malgrado gl'intrighi dell'ambiziosa Marta, Roberto e Fiorenza s'amano e si dichiarano il loro amore. Roberto soffre per il contegno ostile della madre, del quale non comprende la ragione. Marta, che conosce i segreti della famiglia, fa capire a Roberto che la sua nascita non è legittima. Roberto, avendo mal compreso l'allusione, affronta sua madre per dirle che l'ama ancor più se è figlio di un di lei illegittimo amore. Anna è costretta a rivelargli che non è suo figlio. Disperato, Roberto parte per la guerra, seguito dal fratello Gastone. Questi viene ucciso: Anna, così duramente colpita, accoglie ed ama ormai come figlio il figliastro, che prima aveva allontanato da sé.
E’ la volta del teatro contemporaneo impegnato con “Frana allo scalo nord” di Ugo Betti:
Una frana ha sepolto tre operai presso lo scalo Nord d’una città non precisata. Nel palazzo di Giustizia, il giudice Parsc, affiancato dall’accusatore Goetz, ascolta l’operaio Giuseppetti e il motorista Bert che si accusano a vicenda per non aver dato tempestivamente l’allarme. L’imprenditore Gaucker accusa gli operai di aver spogliato con continui furti le armature di sostegno, ma, accusato a sua volta di sfrut tamento dai parenti delle vittime, comincia a pensare di uccidersi. Nel secondo tempo, durante un sopralluogo sui luoghi del disastro, Gaucker, salvato appena in tempo da un tentativo di suicidio, finisce per confessare le sue colpe. Anche il giudice Parsc perde la sua inflessibilità e partecipa alla crisi esistenziale dell’imputato. II dramma assume una dimensione simbolica; i morti, invitati a deporre da Goetz, replicano agli indiziati addossandosi tutte le responsabilità, quasi a voler interiorizzare simbolicamente la colpa a nome dell’intera umanità. E Parsc, dopo le ripetute insistenze dell’accusatore Goetz, emette una sentenza che invoca pietà ove la legge non riesca a tradursi in giustizia.
Il testo di quest’opera venne decisamente “censurato” o meglio “rivisto” nelle edizioni cattoliche in uso alle filodrammatiche parrocchiali rispetto all’originale di Betti, operazione oggi semplicemente impensabile, ma allora piuttosto frequente.
Dopo quest’opera si fece sentire il cambio generazionale, molti attori risultarono impegnati in famiglia o con il lavoro e non si tennero più rappresentazioni della filodrammatica “Ascendere”, mentre il programma teatrale a Pianzano venne occupato da compagnie di fuori paese; un estremo tentativo di ricostituire la compagnia fu condotto negli anni ’60, ma senza successo vista anche la scarsa propensione di don Benvenuto Piccinin a promuovere il teatro.
Sul finire degli anni’70 le suore promuovono una serie di iniziative di canto e teatro che venivano definiti “Recital” (allora in gran voga) coinvolgendo i ragazzi del paese, nel 1978 si ricordano addirittura due recital: in primavera “Vangelo secondo Barnaba”, mentre in estate un recital composto da tre quadri, il primo ispirato al Vangelo secondo Luca, il secondo su San Francesco, il terzo su Elisabetta Vendramini. Il successo fu notevole, tanto che le rappresentazioni furono proposte fuori paese e addirittura presso la casa madre delle suore Elisabettine a Padova.
Negli anni successivi vari gruppi di ragazzi si impegnano nell’animazione drammatica della lettura del Passio nella Settimana Santa, negli anni sono state portate avanti diverse sperimentazioni, dalla semplice lettura del testo, fino al supporto con audiovisivi.
Recital fine anni ‘70. (Archivio Parrocchiale di Pianzano)
Nell’inverno 1982 rinasce una compagnia teatrale pianzanese (chiamata “PICCOLA SCENA”) che per oltre dieci anni riuscirà a proporre un seguitissimo programma teatrale, che varcherà anche i confini del paese. L’occasione è la commemorazione dell’ottavo centenario della nascita di San Francesco e il quarantesimo di sacerdozio di don Benvenuto; i giovani del paese guidati da un gruppo di organizzatori allestiscono un recital su San Francesco (“Francesco d’Assisi uno di noi”) che ha riscosso un grande successo ed è servito da impulso per gli anni a venire.
Si racconta un curioso aneddoto: in occasione del recital furono noleggiati dei costumi… il pizzo del colletto di “San Francesco” si danneggiò seriamente e solo la bravura delle ricamatrici pianzanesi permise di riconsegnare il costume “intatto”!
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Francesco d’Assisi uno di noi. (Archivio Gino Zanette)
Questa nuova rinascita del teatro pianzanese si deve essenzialmente alla grande capacità organizzativa di suor Andreina, ma soprattutto al nostro compaesano Gino Zanette, classe 1934, che, come abbiamo visto, fin da giovane si appassiona e si dedica al teatro, come attore prima e come regista ora, approfondendo nel corso degli anni lo studio e la pratica dell’attività teatrale attraverso seminari ed un’intensa attività di teatro amatoriale in paese e fuori paese. Non va dimenticata la sua attività di scrittore che gli è valsa innumerevoli riconoscimenti, fin dalla metà degli anni cinquanta, per le sue pubblicazioni in rima e in prosa.
Negli anni successivi fu messo in scena “Dedicato alla madre”, un’opera formata da diversi quadri tratti dai più bei brani di teatro e letteratura dedicati alla mamma, come il celebre passo manzoniano dei Promessi Sposi oppure “Lettera alla madre”.
Non fu abbandonato il filone religioso, l’anno successivo fu la volta di “Passione di Gesù”, un’opera ispirata ai Vangeli, che prevedeva intermezzi con spezzoni del film di Zeffirelli “Gesu’ di Nazareth”.
Nel 1986 e, con nuovo allestimento, anche nel 1990, viene rappresentata la prima di una lunga serie di commedie in dialetto veneziano, un filone che si dimostrerà particolarmente calzante con la compagnia pianzanese; in quest’anno dunque fu messa in scena la celeberrima commedia di Gino Rocca “La scorzeta de limon”:
Ambientato in provincia nel primo dopoguerra. La "scorzeta" di cui si parla è naturalmente quella che anche a quei tempi si sposava al bicchiere di vino o di liquore. Giacomo Supià non è affatto un pover'uomo, anzi la sua situazione è piuttosto florida, ma a causa di un presunto "scivolone" con una ballerina, viene a trovarsi degradato all'ultimo posto nella sua famiglia, tanto che rischia di essere addirittura "licenziato" dalla serva. Sarà l'amico Nane, col vizietto di cui sopra, ma di mente brillante, a trarre d'impaccio il protagonista, e fargli riprendere finalmente dopo dieci anni il posto che ben merita all'interno della sua famiglia.
La scorzeta de limon. 1986 (Archivio Gino Zanette)
Nel maggio del 1987 viene messo in scena un atto unico di Pirandello “L’altro figlio”
Maragrazia, umile donna del popolo di un paese siciliano, vedova e ridotta a mendicare, soffre perché non riceve notizie dei due figli emigrati in America e ormai dimentichi, per la ricchezza raggiunta, della loro stessa madre. Con lei vive un altro figlio, sinceramente affezionato, buono, con una bella famiglia e una bella casa. Egli vorrebbe prendersi cura di lei, ma la donna non lo considera veramente suo. Infatti questi è il frutto di una violenza che la donna ha dovuto subire da parte di un brigante, lo stesso che uccise suo marito. Maragrazia si rende conto che proprio questo figlio non voluto meriterebbe quell'affetto che lei riserva invece ai figli lontani diventati dei criminali e ingrati.
La prima commedia di Giacinto Gallina viene affrontata nel 1987, “Una famegia in rovina”:
Così come ognuno nella vita ha le sue disgrazie, il povero Gigi di questa commedia ha le sue: il vizio di bere, una moglie ed una figlia vanitose e frivole, un figlio viziato ed indolente. Gigi Lorini, a causa di alcune imprese teatrali andate male, è ora costretto a mantenere la famiglia con rare e poco redditizie lezioni di violino. La famiglia non vuole arrendersi a questa nuova condizione sociale e continua a spendere senza economia ricorrendo a mille espedienti e sotterfugi per mascherare, sotto il lusso apparente, un benessere che più non esiste. Unica a comprendere la rovinosa situazione familiare è Marieta, altra figlia di Gigi, la quale, benchè di salute cagionevole, lavora anche di notte per essere di qualche aiuto alla famiglia.
Nel maggio 1991 è la volta di un’altra commedia dialettale di Giacinto Gallina, “Zente Refada”:
La commedia ruota attorno alle vicende di una famiglia che tra disavventure stravaganti e ridicole tenta di adeguarsi ai riti e alle apparenze di un mondo dorato che vuole conquistare in virtù di improvvisa e inaspettata ricchezza, questo anche a scapito della sofferenza delle figlie: sarà poi la saggezza tutta femminile della moglie a riportare tutti quanti con i piedi per terra e ad accettare senza vergogna e senza illusioni il proprio stato sociale.
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Il gruppo teatrale si trova sempre più a suo agio con le opere di Giacinto Gallina e ne guadagna anche l’affiatamento, nel 1992 (e con nuovo allestimento nel 1994) viene messa in scena una commedia di Giacinto Gallina, “I oci del Cuor”:
La commedia è incentrata sulla vicenda dell’anziana Teresa che cieca, vive nel ricordo del talentuoso figlio morto, ignora però che alcune operazioni commerciali del figlio l’hanno fatta sprofondare nella povertà dalla ricchezza in cui viveva. Chi la circonda escogiterà un’infinità di espedienti tragicomici per celarle la verità approfittando della sua cecità; ma Teresa anche se cieca riesce a vedere con gli “occhi del cuore”….
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Tra i due allestimenti de “I Oci del cuor” viene rappresentata nel 1993 la commedia di Ottolenghi “In pretura” che rappresenta una giustizia di fine ottocento forse un po’ derisa, ma che alla fine sa essere giusta ed equa nella farsa.
Risale al 1995 l’ultima commedia rappresentata, si tratta de “Il matrimonio di Ludro”, seconda parte di una trilogia di Francesco Augusto Bon sulle comiche avventure di un personaggio secondario di una commedia del Goldoni.
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Dopo il 1995 si venne creare il problema del ricambio generazionale degli attori, molti protagonisti della compagnia non riuscirono più a garantire l’impegno di tempo necessario per nuovi allestimenti e la ricerca di sostituti non fu facile, nonostante un ultimo appello apparso sulle pagine del giornalino parrocchiale “Parrocchia Nostra” del 1996. In questo periodo si tentò di allestire “La morsa” di Pirandello e “El congresso dei nonzoli” di Paoletti, ma senza successo.
L’inagibilità del teatro contribuì alla fine del gruppo teatrale.
In realtà il teatro a Pianzano non si estinse del tutto: proprio a partire dalla metà degli anni ’90, Gino Zanette fu chiamato a guidare l’attività teatrale nel contesto del Grest, con il proposito di realizzare piccole rappresentazioni (in tema con programma del Grest) da allestire per la serata finale.
Più consistente è stato l’impegno col cosiddetto “teatro dei genitori dell’Asilo”, iniziativa partita quasi per gioco (ma con seria finalità) allo scopo di divertire i bambini e anche di finanziare la Scuola dell’Infanzia attraverso i proventi di uno spettacolo ad offerta libera messo in scena verso fine anno scolastico.
Gino Zanette ha continuato la sua opera di regista presso la compagnia di teatro a Ponte della Priula a partire dal 2002, anche con attori di Pianzano:
http://www.pontepriulateatro.it/home_page.html
Recentemente è stata messa in opera una commedia in due atti di G. Zanette "Un dhenero pitoc"
Siamo negli anni '30, il matrimonio tra Faustin e Melia si trascina in un irrimediabile grigiore sia per l'indolenza di Faustin sia per la contarietà della suocera di lui Justina; l'inaspettata gravidanza di Melia, ormai in tarda età, può essere un riscatto per Faustin, ma Justina non esita a insinuare il sospetto che il padre possa essere invece il vecchio innamorato portinaio o un galante e truffaldino pensionante...
Ritorno in scena
In occasione dell'apertura del nuovo salone dell'oratorio, già sede storica del teatro, la compagnia "Piccola Scena" ritorna con medley a quasi vent'anni dall'ultima rappresentazione. Una serata speciale di grandi emozioni.
Il teatro dei genitori dell'Asilo
Il “teatro dei genitori dell’Asilo” è una iniziativa partita quasi per gioco (ma con seria finalità) con scopo di divertire i bambini e nel contempo finanziare la Scuola dell’Infanzia attraverso i proventi di uno spettacolo ad offerta libera messo in scena verso la fine anno scolastico.
La preparazione delle rappresentazioni impegna una decina di genitori per circa 6 mesi sotto l’esperta guida di Gino Zanette, senza contare la preziosa collaborazione delle suore e di tutti i volontari che prestano la loro opera come i costumisti, acconciatori, truccatori e altri collaboratori a vario titolo.
Di seguito le rappresentazioni fatte con alcune foto
anno 2016: "UN PO'...DI FIABE"
anno 2015: "IL RE LEONE"
anno 2014: "I MAGNIFICI QUATTRO"
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anno 2013: "IL PRINCIPE E LA RONDINE"
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anno 2012: "LA GABBIANELLA E IL GATTO"
anno 2011: "PETER PAN"
anno 2010: "CENERENTOLA"
anno 2009: "BIANCANEVE"
anno 2008: "IL BRUTTO ANATROCCOLO"
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anno 2007: "HEIDI"
anno 2004: "I MAGNIFICI QUATTRO"
anno 2003: "PINOCCHIO"